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Postura e modalità di contatto in psicologia: dal bambino all'adulto

La posizione eretta rappresenta un'importante conquista cui il bambino ambisce sin dai primi mesi di vita. I suoi movimenti, i suoi riflessi , i suoi schemi di reazione saranno orientati all'ottenimento della postura eretta attraverso le reazioni di raddrizzamento. Queste reazioni si sviluppano in schemi di movimento durante l'infanzia, altre restano attive durante tutta la vita dell'individuo.

Inizialmente il bambino tenterà di allineare la testa verticalmente rispetto all'ambiente mantenendo ancora la posizione orizzontale del corpo e poggiando su mani e ginocchia a terra (gattonamento), questa posizione gli permetterà di esplorare ed osservare l'ambiente relazionandosi con lo spazio pur mantenendo il petto e l'addome protetti in posizione orizzontale rispetto al suolo. Solo in seguito potrà allineare verticalmente la testa anche rispetto al sua busto posizionandosi perpendicolarmente rispetto al pavimento (stazione eretta), questa posizione darà maggiore libertà di movimento, potenziale autonomia ma esporrà torace ed addome all'ambiente. Le reazioni di allinemaneto e gli schemi di spinta (schemi che servono a garantire il passaggio da un movimento ad un'altro) e il modo in cui evolveranno, determineranno il processo di differenziazione tra il se del bambino e quello delle figure di accudimento. Lo stile relazionale, dell'andare verso l'altro, la modalità di contatto di quel bambino saranno influenzate ampliamente dall'esperienza evolutiva data da queste reazioni e questi schemi. L'adulto che diverrà manterrà traccia dei processi di allineamento ed interazione con l'ambiente e con l'altro nella sua postura e nelle sue modalità di contatto.

L'esperienza fatta, il sostegno delle figure di accudimento ottenuto e/o percepito dal bambino, la reazione dei genitori alla sua ambizione di autonomia determineranno lo strutturarsi di questi allineamenti in schemi posturali e di movimento che racconteranno la sua storia anche da adulto.

In Psicologia osservando la postura eretta di una persona e i suoi movimenti, il terapeuta ad approccio psico-corporeo è in grado di osservare il modo in cui la persona entra in realzione con l'altro: le sue esperienze, intenzionalità, o i suoi bisogni frustrati si disegnano nel suo corpo di bambino e lo accompagnano sino all'età adulta. Anche il modo in cui egli si muoverà nello spazio (non solo in relazione agli altri) e il suo schema corporeo saranno influenzati da questi processi in quanto le reazioni di allineamento e gli schemi di spinta sul pavimento, il premere dei piedi sul terreno ed il modo in cui lo fa, la rigidità o morbidezza delle articolazioni stimoleranno la consapevolezza propriocettiva quindi la percezione che la persona ha di se e del suo corpo rispetto all'ambiente, la relazione tra ogni parte del proprio corpo, la coordinazione di queste e l'armonia dei movimenti. E' infatti frequente osservare anche una sorta di disarmonia nei movimenti nelle persone che entrano in realzione agli altri con modalità disfunzionali: la psitura e la psicologia di ogni individuo sono strettamente interconnesse.

P. una giovane donna di 21 anni stentava a far emergere la sua autonomia, era chiusa in un corpo esile con gambe magre come ramoscelli e i piedi perennemente contratti come ad aggrapparsi al terreno con le dita. Camminava con la parte anteriore del piede senza appoggiare il tallone, quasi avesse paura fare rumore, il suo busto era chiuso in avanti come per proteggere il cuore e l'addome, le spalle larghe e magre ricadevano in avanti e tra di esse spuntava un collo lungo e stretto che a fatica sosteneva la testa completamente fuori asse e china in avanti, la curva cervicale era appiattita così come quella lombare ed i glutei chiusi e contratti spostavano il bacino anteriormente.

Le braccia penzolavano in avanti: la sua postura sembrava dire "sono rassegnata ed impaurita".

Lavorammo dapprima sulla riattivazione della reazione di raddrizzamento con giochi di spinta e di perdita di equilibrio, la testa poteva posizionarsi verticalmente rispetto all'ambiente ma questo la spaventava: "mi sento come se mi mancasse l'aria, come se non potessi permettermi di occupare così tanto spazio". Il suo flusso di energia era bloccato, il respiro corto e superficiale le impediva di affermarsi, l'ansia aumentava, il rischio per lei era di dover esporre troppo la sua vulnerabilità senza avere l'energia sufficiente per sostenere il suo dolore.

Decisi allora di andare a cercare una zona del suo corpo che contenesse tanta energia bloccata da poterle essere di sostegno. La feci sedere a terra, lei assunse una posizione ad uovo, mi sedetti dietro di lei e le poggiai una mano alla base del collo poi scesi delicatamente e poggiai entrambe le mani tra le sue scapole, ebbe un piccolo sussulto, strinse leggermente le scapole aprendo delicatamente il torace allora io, mantenedo una mano tra le scapole scesi con l'altra sino alla base della colonna vertebrale. Lei tratteneva il respiro come a trattenere qualcos'altro che ben presto si rivelò essere un pianto dolce e inconsolabile che a poco a poco si trasformò in rabbia. Iniziò a parlare della relazione con la madre, della distanza che aveva sempre percepito tra loro e dell'amore che avrebbe desiderato. Le chiesi allora di alzarsi e io mi misi difronte a lei, la sua postura tornò immediatamente ai vecchi schemi così io le dissi "non aver paura, non c'è nulla di cui aver paura" lei fece due passi indietro esclamando "non sono io ad aver paura, è mio padre che teme ogni cosa, io non ho mai potuto fare niente, niente perchè tutto era pericoloso, tutto, uscire di casa, attaccare una spina della corrente, fare la doccia." In quel momento il suo viso si colorì di rosa intenso, i suoi occhi si aprirono e muovendo animatamente le braccia iniziò a camminare per la stanza parlando. La differenziazione era avvenuta, lei ancora non lo sapeva ma quest'esperienza aveva segnato l'inizio della sua autodeterminazione, un lungo cammino ma finalmente ora sapeva che non era lei ad avere paura. Le sue braccia le ricordo ancora, da esili ramoscelli cadenti erano divenute espressive, piene di vita e notai subito il modo con cui i piedi poggiavano a terra: spingevano su un terreno che la poteva finalemente sostenere.

Lasciando uscire la sua tenerezza e il suo bisogno d'amore da parte della madre aveva invece contattato la sua paura che l'aveva ricondotta al padre. Il lavoro tra scapole (importante zona in cui confluiscono spesso energie aggressive) le aveva permesso di percepire un sufficiente auto-sostegno che l'aveva condotta all'inizio del suo processo di differenziazione.


articolo a cura della
Dott.ssa Giuliana Dughiero
psicologa psicoterapeuta a Mestre

Ambiti di intervento
  • Psicoterapia individuale, familiare e di coppia
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Testimonianze
Dott.ssa Giuliana Dughiero

Psicologa e Psicoterapeuta a Mestre (VE)
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