La Malattia di Parkinson è caratterizzata dalla neuro-degenerazione di alcune aree del cervello e come tale, oltre a provocare disturbi e danni neurologici riguardanti alcune abilità fisiche, in particolare inerenti il movimento, provoca danni e disturbi psicologici e psichiatrici.
Nel tempo però si è assistito ad una graduale e significativa medicalizzazione della malattia trascurandone il risvolto psicologico e psicopatologico.
I disturbi ed i disagi psicologici che si associano alla Malattia di Parkinson rendono la vita del malato e quella dei familiari ancor più complessa: a soffrire non è solo la persona affetta da Parkinson ma tutto il sistema relazionale.
I disturbi psicologici possono essere così classificati:
Disturbi derivanti direttamente dalla degenerazione corticale tipica della malattia di Parkinson:
Disturbi derivanti dalla terapia farmacologica:
Relativamente alla prima categoria di disturbi, quelli derivati direttamente dalla malattia di Parkinson, in prevalenza essi dipendono dalla neurodegenerazione cerebrale e/o da squilibri chimici relativi al deficit di determinati neurotrasmettitori.
Sono molto frequenti però anche disturbi psicopatologici cosidetti reattivi ovvero secondari alla malattia e derivanti dal difficile processo di elaborazione della nuova condizione di salute: ad esempio la depressione secondaria dovuta alla faticosa accettazione dei cambiamenti imposti dalla malattia stessa e da una condizione di stress generale.
Tra i Disturbi Cognitivi Organici è possibile riscontrare un quadro dementigeno caratterizzato dal deterioramento delle seguenti funzioni cognitive:
I disturbi cognitivi si presentano nel 40% dei malati, possono comparire anche in uno stadio iniziale della malattia e, quindi, in assenza di una vera demenza. Inoltre è ragionevole ritenere che le lesioni sottocorticali responsabili dei deficit cognitivi e quelle relate ai sintomi motori non siano le medesime in quanto i deficit cognitivi non migliorano dopo la terapia farmacologia motoria ed inoltre non esiste correlazione tra gravità di deficit cognitivi e gravità dei disturbi motori.
Secondo Garghentini il parziale danno delle vie noradrenergiche e la diminuzione delle concentrazioni di noradrenalina particolarmente in amigdala, ippocampo e corteccia frontale possono rappresentare le cause di deficit cognitivi in pazienti con malattia di Parkinson [Garghentini et al., 1999] mentre i disturbi motori sono selettivamente dipendenti da deficit dopaminergici localizzati prevalentemente nella substantia nigra.
Prendiamo ora in considerazione i disturbi correlati direttamente alla malattia di Parkinson di tipo psicoaffettivo:
Il malato di Parkinson necessita di una terapia farmacologica specifica che sopperisca alla selettiva carenza di dopamina in alcune aree del cervello che vengono danneggiate col progredire della malattia stessa. E' indispensabile che il paziente assuma farmaci dopamino agonisti o precursori della dopamina per contrastare i sintomi motori spesso molto debilitanti.
Il fatto curioso, anche se facilmente intuibile, è che ovviamente l'assunzione di una molecola chimica esterna all'organismo può sopperire ad una carenza interna, ma quest'azione non è selettiva e quindi la dopamina assunta finisce per agire anche in altre aree del cervello non compromesse dalla malattia creando un sovraccarico di questo neurotrasmettitore.
Nello specifico, la neuro-degenerazione dovuta al Parkinson riguarda prevalentemente un'area del cervello denominata substantia nigra (sostanza nera). I farmaci dopanimo agonisti offrono immediatamente al paziente un miglioramento dei sintomi motori e una maggior disponibilità di energia fisica agendo in quest'area.
Le zone limbiche e corticali frontali (aree mesocorticolimbiche) sono invece colpite dalla malattia in misura molto inferiore e con l'assunzione dei farmaci esse vengono sovrastimolate. Le zone mesocorticolimbiche sono fortemente correlate all'emotività e al comportamento: l'iper-stimolazione di queste aree del cervello a causa dei farmaci dopaminergici che agiscono in modo indifferenziato sul sitema nervoso centrale provocherebbe disturbi comportamentali e da discontrollo degli impulsi in soggetti predisposti geneticamente o con dimensioni di personalità tipiche (“novelty seeker”).
Quando i farmaci contro il Parkinson entrarono in commercio nel 1999 l'attenzione fu immediatamente posta sugli effetti miracolosi che essi provocavano sui sintomi motori, ma i relativi bugiardini non riportavano tutti gli effetti collaterali che provocano: essi furono introdotti solo nel 2005.
Ma quali sono gli effetti collaterali che le case farmaceutiche hanno originariamente omesso di citare?
Inizialmente la correlazione tra Malattia di Parkinson e Gioco d'Azzardo Patologico (GAP) sembrava aneddotico ma oggi studi scientifici hanno tolto ogni dubbio ed evidenziato una chiara sovrapponibilità tra Parkinson trattato con dopamino agonisti e GAP con un'incidenza del 6,1% nei malati di Parkinson rispetto allo 0,25% della popolazione. Non solo, ma è stato dimostrato che la terapia farmacologica sviluppa una serie di altri disturbi degli impulsi.
Sarebbe dimostrato che l'uso di farmaci dopaminergici porterebbe ad assuefazione inducendo il paziente a sovradosare in maniera autonoma il farmaco: l'abuso di sostanze dopamino agoniste iperstimolerebbe le vie mesolimbiche innescando un meccanismo simile a quello associato alla dipendenza di sostanze stupefacenti.
Questi farmaci tendono ad essere usati compulsivamente (in modo non controllato) in quanto gli effetti positivi sui sintomi motori e sull'umore sono allettanti ma, prima che il malato se ne renda conto, si innesca un meccanismo di dipendenza.
Inizialmente egli potrebbe decidere ad esempio di aggiungere una dose di farmaco per affrontare con maggior scioltezza una situazione sociale o un impegno lavorativo ma in poco tempo egli potrebbe trovarsi a gestire autonomamente dosi e tempi di somministrazione creando un disequilibrio chimico nel suo sistema nervoso: emergeranno allora una serie di disturbi comportamentali e psicologici associati ad un improvviso peggioramento dei sintomi motori.
Il rischio è quello di innescare una vera e propria Sindrome da Disregolazione Dopaminergica: essa è una condizione in cui il paziente Parkinsoniano assume quantitativi di farmaco decisamente superiori a quanto necessario per gestire la disabilità motoria. Questo comportamento può sfociare in una dipendenza da farmaci dopaminergici, con disturbi comportamentali associati al sistema della regolazione degli impulsi (Maurizio Avanzi; 2009).
I disturbi psicopatologici associabili alla DDS sono:
Secondo la letteratura scientifica l'incidenza della DDS sui malati di Parkinson varia tra il 2 ed il 5%.
Questi disturbi potrebbero essere controllati o addirittura eliminati dall'occhio attento e professionale del medico neurologo attraverso una ricalibrazione del trattamento farmacologico ed un opportuno sostegno psicologico ma purtroppo spesso non vengono neppure diagnosticati poiché l’interesse principale dei medici neurologi è orientato al miglioramento fisico, lasciando in secondo piano l’aspetto psicologico.
Spesso il malato viene lasciato solo a fare i conti con questi disturbi psicologici e, a causa della disinformazione in materia, deve confrontarsi con sensi di colpa per comportamenti che egli stesso giudica sbagliati ma che non sa controllare. Anche la famiglia soffre in silenzio e spesso la rabbia per le conseguenze dell'impulsività del malato viene riversata su di lui.
In realtà la “colpa” non è del malato ma degli effetti collaterali di un farmaco di cui non può però fare a meno: è indispensabile ribadire che i comportamenti dannosi possono essere eliminati o controllati con un riaggiustamento farmacologico e un sostegno psicologico.
L’informazione è fondamentale per affrontare queste problematiche che purtroppo hanno messo a dura prova molte famiglie.
articolo a cura della
Dott.ssa Giuliana Dughiero
psicologa psicoterapeuta a Mestre
Psicologa e Psicoterapeuta a Mestre (VE)
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